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.«La gente non vuole la verità, vuole bugie.Pensano di volere la verità ma vogliono bugie».Spensi la TV.Salii di sopra.Dormiva profondamente.Sul viso, la luce dell'ingresso.La scossi.La scossi di nuovo.Le si aprirono gli occhi.«Sei stata tu, non è vero?».«Cosa?».«La chiamasti tu! Le desti tu i negativi!».«Cosa?».Si alzò a sedere, ritraendosi contro il cuscino.Il lenzuolo le copriva i seni, come se mi si volesse nascondere.«Devi essere stata tu», dissi.«Nessuno tranne te avrebbe potuto trovarli e rubarli dalla camera oscura.Le chiavi stavano nel vasetto delle spezie, e nessuno sapeva che stavano là tranne te.Sei stata tu!».Tremava.Aveva la bocca aperta, senza che ne uscisse alcun rumore.Si spostò dall'altra parte del letto, lontano da me.«Sei stata tu.Dicesti tu a tua madre dov'eri!».La sua faccia era bianca di paura.La mia voce copriva il rumore dell'aria condizionata.«Sei stata tu.Rispondimi».«L'ho fatto per te, Jeremy!».Le tremavano le labbra.Lacrime, sì, naturalmente, lacrime le solcavano le guance, le braccia le coprivano i seni con la giacca del pigiama.«Per me? Oh, Cristo!».«Non smetti mai di preoccuparti! Non smetti mai di domandare! Non smetti mai di sentirti in colpa, dannazione! Tutto questo perché non ti fidi di me!».I cuscini caddero fuori dal letto, i suoi talloni scavavano nel copriletto sgualcito.«Tu sei entrato nelle mie cose e hai scoperto chi ero!»«Oh, Dio mio, sul serio sei stata tu.Veramente.L'hai chiamata e l'hai fatta venire lassù.Tu hai fatto questo a me!».Se ne uscì dal letto singhiozzando e indietreggiando verso la portafinestra.«Maledetta, come hai potuto farlo?».Girai intorno al letto dirigendomi verso di lei.Quando l'afferrai per un braccio lei si mise a gridare.«Jeremy, lasciami stare!».«Non m'importava niente di quello che c'era stato fra te e quell'uomo, suo marito.Non m'importava niente di quello che lei diceva.Volevo solo proteggerti! E tu mi butti addosso tutta questa merda: quella donna in quella stanza con quei negativi.Tu hai fatto questo a me!».«Basta!».Urlò abbastanza forte da poter essere udita fuori.Strillava, mi graffiava le dita, tentava di divincolarsi.«Come hai potuto farlo?».La sballottolai, ripetutamente.«Basta, basta!».«Vattene via, allora», dissi.La spinsi contro la credenza.Fracasso di bottiglie.Qualcosa si versava, qualcosa si rompeva sul marmo.Inciampò, come se stesse per cadere.I capelli le coprirono la faccia ed emise un suono flebile e strozzato, come se non potesse respirare.«Vattene via!».Aggirò il piede del letto e mi raggiunse nell'ingresso.Poi si fermò all'altezza delle scale.Piangeva senza riuscirsi a controllare.La guardai scivolare giù finché non rimase seduta sul gradino più alto.Si piegò su un fianco, raggomitolandosi contro la parete.Il suo pianto echeggiava giù nell'ampio ingresso, come il pianto in una casa frequentata da fantasmi.Rimasi lì disorientato a guardarla.Il rumore del condizionatore d'aria era come un lamento, un orrendo stridulo lamento.Il mio corpo era accaldato e tremava e l'inevitabile mal di testa cominciava a bombardarmi nel cranio.Volevo muovermi, dire qualcosa.Sentivo la mia bocca contrarsi, ma non usciva niente.Lei continuava a piangere.La vidi alzarsi, riacquistare padronanza di sé, le spalle incurvate, i capelli scompigliati.«No, non tornare qui, non venirmi vicino!».«Oh, Dio», disse lei, con le lacrime che le cadevano dalle guance.«Non m'importa chi sia stato a iniziare.di chi sia stata la colpa.Non la voglio rivedere mai più».«Allontanati da me!».Ma lei cominciò a venire verso di me.«Jeremy», sussurrò.«Jeremy, per favore!».Vidi la mia mano partire, udii che le colpiva una guancia, la vidi oscillare verso il telaio della porta.«Maledetta, mille volte maledetta!».La schiaffeggiai di nuovo.Si mise a strillare.Cadde quasi, e io le afferrai un braccio con la mano sinistra e la colpii di nuovo con la destra.«Come hai potuto mentirmi così, come! Come hai potuto giocarmi un tiro del genere, come!».Dalla tromba delle scale arrivò la voce della signorina Annie: «Signor Walker!».Belinda cercò di sgusciare via.Con la parte di dietro della testa colpì il parato dell'ingresso.Fece dietro front, proprio come se cercasse di attraversare il muro.«Guardami!», urlai.«Rispondimi!».Lei si voltò e mi prese a calci col piede nudo.«Lasciami stare», singhiozzò.«Bugiarda, bugiarda! Fare questo a me.Avrei fatto tutto per te, sarei andato in capo al mondo per te, tutto quello che ti chiedevo era di dirmi la verità!».La schiaffeggiai di nuovo.Stava cadendo sulle ginocchia, quando la signorina Annie mi trattenne il braccio destro.«Signor Walker, basta».Questa minuscola donnina in accappatoio bianco che cercava di trattenere il mio pugno.«Toglimi le mani di dosso!».«Signor Walker, lei la uccide.Signor Walker, è solo una bambina!».Mi voltai, strinsi di nuovo il pugno e colpii con violenza il telaio della porta.Colpii l'intonaco.Lo vidi cedere sotto il parato.Si aprì un grande buco che interruppe il disegno delle foglie e delle rose.Fetore di marcio.Di pioggia, di ratti e di marcio.La signorina Annie le disse: «Andiamo, cara, andiamo».Udivo i loro passi.Belinda ansimava.Colpii di nuovo il telaio della porta.Vidi la macchia di sangue sulla vernice.Poi, grazie a Dio, sentii girare la serratura della sua porta.30.Cinque giorni dopo che lei partì, mi arrivò per posta il taccuino.Dopo il litigio avevo cercato di parlarle.Ma era stato terribile andare in quella camera, cercare di dirle che ero dispiaciuto, tanto dispiaciuto.Le parole mi s'incollavano in gola.Lei aveva contusioni sulla faccia, sulle spalle e sulle tenere braccia nude.Le avevo detto: «Ne verremo fuori in qualche modo, ne parleremo.Non può finire per una ragione del genere, non per noi».Da parte sua, nient'altro che silenzio.Sempre l'identico silenzio e i suoi occhi, somiglianti a quelli di una morta, che fissavano, di là, le foglie degli alberi contro il vetro.Era partita nel cuore della notte.Io ero rimasto sveglio il più a lungo possibile, camminando avanti e indietro.La signorina Annie ogni tanto mi veniva a dire che, sì, lei stava bene.In realtà avevo paura che se lei avesse dato segni di voler partire, non sarei stato capace di fermarla, che l'avrei vista andarsene, del tutto incapace di dire o fare qualcosa.Tuttavia ero rimasto sveglio più a lungo che avevo potuto.Non mi ricordavo neanche di essermi sdraiato sul letto
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